domenica 10 novembre 2013

La Libia delle tribù e la forza economica della Cirenaica



La milizia della città costiera di Misurata, che pretende molto dalla nuova Libia. Perché Misurata è stata la città che ha subito le perdite maggiori durante la rivoluzione.
Ma anche quella di Misurata, per quanto forte, non è che una fra le tante milizie, armate fino ai denti, che proliferano in una terra da secoli mosaico di lingue e tribù. E a questo punto la domanda sorge spontanea: chi le sostiene, anche finanziariamente?
«L’opinione, piuttosto diffusa, è che il Qatar stia armando determinate milizie» spiega Gurdon a Linkiesta.it. E in Libia, come anche in Siria, la superpotenza tascabile del Golfo predilige i gruppi islamisti. «Le milizie legate agli islamisti, in certi casi ad Al Qaeda – continua Gurdon – stanno cercando di rendere alcune zone della Libia ingovernabili. La maggior parte di queste si trova nell’est del Paese ».

Cioè in Cirenaica. Dove c’è anche l’80% del petrolio libico. Pur non avendo il totale controllo degli impianti petroliferi dell’est, le milizie sono comunque in grado di influire pesantemente sulle esportazioni, e azzerare così gli introiti provenienti dalla vendita del petrolio, essenziali per la sopravvivenza del governo centrale di Tripoli. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, infatti, nel 2012 il settore degli idrocarburi ha rappresentato il 96% delle entrate del governo e il 98% del guadagno proveniente dall’export del Paese.
Ed è proprio l’oro nero ad alimentare le aspirazioni di autonomia della Cirenaica.

In Cirenaica l’anno scorso é stato creato il Consiglio di transizione cirenaico (CTC), in contrapposizione al Consiglio nazionale di transizione (CNT) alla temporanea guida della Libia. Il CTC reclama una Libia federale come quella precedente al golpe di Gheddafi del 1969. Secondo Gurdon, sarebbe proprio il CTC a bloccare i porti libici. Ostacolando l’export di petrolio e tenendo così sotto scacco l’economia nazionale.

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