sabato 2 novembre 2013

Maldive: Il problema dei rifiuti e dell'atollo-discarica



E' inutile fare finta di niente: molti turisti pensano che andare in un paradiso a trascorrere qualche giorno di vacanza significhi che quei posti non hanno gli stessi problemi che possiamo avere noi a casa nostra.
Anche i maldiviani, seppur ammontino a solo 300.000 persone circa, producono spazzatura e oltre ai maldiviani la producono tutti i turisti che sono la principale risorsa economica dell'arcipelago.
Ma una nazione dalla superficie macroscopica, dall'altitudine sopra il livello del mare di meno di 2 metri e dai collegamenti difficilissimi, come fa a sostenere l'onda d'urto della produzione dei rifiuti?

La risposta é l'atollo di Thilafushi, a soli 7 chilometri dall'atollo Malé, quello della capitale, che é diventato una vera e propria discarica a cielo aperto e di fianco al mare cristallino topical-equatoriale.
L'atollo emana odori terribili, fumi tossici e la vicinanza al mare, ma non solo, il poco livello di terreno, fa sì che tutti i materiali tossici contenuti in alcuni rifiuti come i piccoli elettrodomestici (RAEE), vengano assorbiti dallle acque oceaniche che in questo modo rendono inquinato il mare, il pesce pescato e distruggono la barriera corallina che tra le altre cose difende le isole.

L'atollo é diventato discarica dal 1993 per decreto della Repubblica.
Il Governo si dice pronto a costruire un moderno inceneritore. Ma dove? E con che soldi. Ma soprattutto: quando? E siamo sicuri che le Maldive vogliano produrre una colonna di fumo nero che si stende proprio nel cielo blu degli atolli?
Ne risentirà il turismo? Unico settore che mantiene in vita l'arcipelago?

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