sabato 2 novembre 2013

USA vendono armi all'Arabia Saudita nonostante il raffreddamento dei rapporti



L'industria bellica statunitense sta per concludere un affare da dieci miliardi di dollari con Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (EAU). Se il Congresso darà il via libera, come prevede la legge per questo tipo di transazione, Riad e Abu Dhabi acquisteranno munizioni ed equipaggiamenti per gli F16, missili a lunga gittata, bombe guidate e a piccolo diametro (bunker buster bomb), oltre a servizi di assistenza delle Forze armate Usa di stanza nel regno saudita.
Gli ordini dell'Arabia Saudita non sembrano essere stati messi in forse dalla strada imboccata dalla Casa Bianca su Siria e nucleare iraniano, che scontenta gli alleati storici di Washington. La casa reale, assieme agli altri Stati della Penisola arabica, si è molto irritata per l'accordo Usa-Russia sulle armi chimiche siriane, che ha scongiurato un attacco contro il regime di Bashar al Assad. Un rivale che Riad vorrebbe vedere cacciato dal potere e per questo finanzia i gruppi dell'opposizione siriana in quella che per diversi aspetti è diventata una guerra per procura. Quando è stata approvata la risoluzione Onu sulla Siria, il ministro degli Esteri Saud al-Faisal in segno di disaccordo ha cancellato il suo discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Una sorta di rappresaglia economica che ha fatto temere un boicottaggio dei prodotti bellici occidentali da parte di grandi acquirenti come le monarchie del Golfo. Salterebbero commesse miliardarie non soltanto con gli Stati Uniti. E ci sarebbe anche un problema di integrazione dei sistemi bellici cinesi con quelli dell'Alleanza Atlantica, per ragioni di tecnologia differente e ovviamente di sicurezza.
Ma a irritare Riad non è soltanto il dossier siriano. C'è anche l'inatteso disgelo tra Stati Uniti e Iran, nemico giurato delle monarchie del Golfo già ai tempi dello scià, con cui il confronto è aperto in Siria: Teheran è il principale alleato di Assad e di Hezbollah.
Riad non ha gradito l'atteggiamento statunitense verso le rivolte e ha digerito male il sostegno di Washington ai Fratelli Musulmani saliti al potere nel dopo Mubarak. Quando il golpe militare dello scorso luglio ha deposto Morsi, la Casa Bianca ha sospeso gli aiuti, ma è stata subito rimpiazzata da un'iniezione di petrodollari (12 miliardi) arrivati dal Consiglio di cooperazione del Golfo, una sorta di piccola Nato del Golfo.

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